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Droga: Quando l’emergenza non è solo un problema di sicurezza

di Raffaella Zizzari e Vincenzo Leone

Quando l’emergenza non è solo un problema di sicurezza

(Articolo tratto da Notizie Emmanuel, Anno XXXVIII, n.5-6, Maggio/Giugno, 2019)

di Raffaella Zizzari

 

Il 26 giugno scorso, si è celebrata la Giornata Internazionale contro l’abuso e il traffico illecito di stupefacenti. Emergenza pluridecennale, se qualcuno non se ne fosse ancora accorto. I nostri governanti pensano di contrastare il fenomeno droghe puntando i riflettori sullo “spaccio”, l’emergenza diventa così solo ed esclusivamente un problema di sicurezza sociale: le videocamere installate nelle scuole renderebbero queste ultime “sicure”, proteggendo in tal modo i nostri ragazzi dai “rischi” che si annidano fuori dalle scuole… Accanto a queste, ci sarebbe un rafforzamento delle forze pubbliche preposte al controllo delle nostre città, quartieri (forse), comprese le scuole…

 

Grandi slogan che gettano “fumo negli occhi” e nulla più! Perché si guarda e basta, e non si osserva il problema in tutta la sua drammaticità e complessità, fermandosi, forse volutamente, alla superficie come nella favola de “Il moscerino che si credeva un leone…” Chi, invece, il problema delle droghe e delle tossicodipendenze lo conosce perfettamente e a 360 gradi, perché da decenni è impegnato a combatterlo in prima linea – verrebbe da dire in trincea – sa che il fenomeno droghe è complesso e abbisogna di studio e osservazione approfonditi per poter essere seriamente, oltre che realisticamente, combattuto.

 

Da un lato c’è “l’offerta”: è il mondo della criminalità organizzata, delle mafie nazionali e internazionali, che, abbiamo visto nei numeri precedenti, prosperano soprattutto grazie al commercio degli stupefacenti, e sono in grado di creare una economia criminale parallela a quella legale che spesso, anzi, viene superata, finendo per essere inglobata in quella illecita attraverso il sistema del riciclaggio del denaro “sporco” e della fitta rete di corruzione che dilaga. È difficile pensare che la lotta allo “spaccio” e quindi la riaffermazione dello Stato e della legalità possano essere attuati attraverso l’installazione di qualche telecamera.

 

Dall’altro lato, c’è la “domanda”: i “nostri” adolescenti, i “nostri” ragazzi, i “nostri” giovani e meno giovani, che chiedono in modo diverso, attraverso i loro disagi, i loro vuoti, la loro violenza spesso feroce, la nostra attenzione. Gli esperti – medici, psicologi, educatori, assistenti sociali… cioè tutti coloro che a vario titolo sono impegnati quotidianamente a “contrastare” il problema delle droghe – sostengono che prima di tutto sono necessarie politiche attive di sostegno concreto alla prevenzione, che deve essere sviluppata in primo luogo nella scuola e nella famiglia, le due più importanti agenzie educative della nostra società. Accanto a questo e non solo per questo occorrono attenzione seria al problema, studi, ricerche, lavoro sul campo, preparazione e, soprattutto, aiuti economici.

 

È la prevenzione che resta, in ogni caso, sempre e comunque, un’arma principe e vincente.

 

Prevenzione = aiuto alla persona e al suo benessere

di Vincenzo Leone

 

Il fenomeno delle droghe è complesso e mutevole. Il contrasto alla droga può essere fatto con interventi rivolti all’offerta e interventi rivolti alla domanda e, in questa lotta, bisogna rispettare la complessità e i grandi, repentini e veloci cambiamenti.

 

Quando parlo di complessità mi riferisco al fatto che vanno presi in considerazione gli elementi che sono alla base del fenomeno e lo determinano. Non è certo una telecamera che può risolvere il problema. Occorre un approccio multidisciplinare, servono competenze di tipo sociologico, psicologico e medico-neurobiologico. Gli interventi devono essere rivolti alla prevenzione e al trattamento, perché una dipendenza che si instaura e si mantiene nel tempo, non solo comporta problemi alla persona e all’ambiente a lei più vicino – per esempio la famiglia – ma incide negativamente anche sulla società. E curare una persona significa intervenire anche sulla famiglia e sul territorio.

 

La prevenzione, inoltre, deve essere rivolta alla domanda e all’offerta, perché è questo incontro che può determinare il consumo, prima, e condizioni di dipendenza, poi. Se c’è la domanda, ma non c’è l’offerta, non si può determinare il consumo. Se c’è l’offerta, anche massiva, ma la domanda è scarsa anche l’offerta perde forza.

 

Purtroppo, oggi, la domanda è intensa, esagerata, spasmodica, e determinata da varie ragioni.

Da un lato la percezione dei rischi che si corrono con l’uso di sostanze si è abbassata, dall’altro, la società è ormai così “stimolata” a non sopportare la frustrazione, da ricorrere a una sostanza pur di risolvere ogni forma di problema, soprattutto sul piano affettivo e relazionale. La nostra è una società rivolta all’“anestetizzazione” delle difficoltà e, proprio per questo, serve un’azione di prevenzione che aiuti la persona e il suo benessere.

 

Come Comunità Emmanuel facciamo interventi di prevenzione anche presso le scuole e proprio perché l’esperienza ci ha insegnato che per curare la dipendenza bisogna soprattutto curare il benessere psico-fisico con i ragazzi che incontriamo non parliamo di sostanze, ma di capacità di gestire le emozioni, di rispetto della comunicazione, di importanza dell’autostima: in poche parole lavoriamo sulle competenze sociali.

 

Per concludere: il contrasto alla droga si fa – anche nelle scuole, anche nelle scuole medie – non parlando di droga, ma formando persone che sappiano rifiutare le sostanze, che sappiano stare bene con se stesse, che abbiano obiettivi ed entusiasmo.

 


 

 

«Siamo lieti che il governo intenda realizzare una Conferenza Nazionale sulle Droghe attesa da dieci anni. Riteniamo essenziale, perché un tale appuntamento abbia il rilievo e l’efficacia che merita, che ad essa si arrivi tramite un percorso partecipato che includa sistema dei servizi, società civile, enti locali e rappresentanze dei consumatori. Perché la questione droghe ha, prima di tutto, un rilievo sociale e sanitario.

 

L’inasprimento delle pene e il ricorso al carcere non sono la risposta prioritaria per il consumo, l’abuso e la dipendenza da droghe. Un consumatore deve incontrare un operatore che sia in grado di comprenderlo e aiutarlo, non finire in carcere o davanti agli operatori della sicurezza. Per questo riteniamo che la legislazione oggi in vigore nel nostro Paese in materia di droghe, vecchia di trent’anni, vada sì radicalmente cambiata, ma non per accrescere la sfera penale e diminuire il ricorso alle pene alternative.

 

Va rafforzato il sistema dei servizi, che – pur in forte sofferenza – si fa carico ogni anno di circa duecentomila persone. Serve un investimento ad hoc, che ne permetta l’ammodernamento rispetto alla forte e continua evoluzione del mondo dei consumi, e la creazione di un fondo nazionale dedicato.

 

Non riteniamo valida l’idea di rendere le scuole “sicure” attraverso l’uso esclusivo di forze dell’ordine e unità cinofile. Occorre, invece, un grande piano nazionale di prevenzione – atteso da anni – che veda protagoniste le famiglie, le scuole, le comunità locali nel loro complesso.

Non ci convince l’enfasi posta sui negozi di cannabis light. È come guardare il dito invece della luna. L’Istituto Superiore di Sanità ha dichiarato che in Italia, lo scorso anno, sono state rilevate più 100 nuove sostanze psicoattive. È su questo che dobbiamo concentrare la nostra attenzione.

 

Ciò detto, la nostra Federazione resta in attesa di una nuova convocazione da parte dei ministri interessati, per continuare un’interlocuzione con le istituzioni che riteniamo necessaria per affrontare una questione che, per la sua delicatezza e complessità, va tenuta fuori da qualsiasi intento di propaganda».

 

Riccardo De Facci, presidente CNCA, all’indomani dell’incontro dell’8 maggio scorso

con i Ministri Salvini e Fontana, in materia di politica sulle droghe.

 

Fonte: http://www.cnca.it/

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